Dagli scarti delle arance si fa un abito. Orange Fiber startup tutta italiana che rivoluziona il settore del tessile.

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Ogni anno in Italia vengono smaltiti 300 000 tonnellate di scarti agrumicoli.  Due ragazze siciliane, Adriana Santonocito e Enrica Arena hanno trovato una soluzione innovativa a questo spreco, che permette di trasformare i rifiuti delle bucce delle arance in un bellissimo e profumatissimo tessuto. Il progetto si chiama “Orange Fiber” dove dalla cellulosa delle arance nasce un tessuto  con delle microcapsule di oli essenziale in modo da rilasciare sulla pelle preziose vitamine A,C ed E.
“L’idea è venuta ad Adriana quasi tre anni fa – racconta Enrica – La sua passione per il tessile e l’attaccamento alla Sicilia, nostra regione natale, l’hanno portata a chiedersi se non si potesse produrre un tessuto con gli scarti degli agrumi. Me l’ha proposto e abbiamo deciso di provarci insieme”.
Tutto è nato nel 2011 quando Adriana stava finendo gli studi all’Istituto Afol Moda, con la specializzazione sui materiali innovativi. Proprio li aveva cominciato a ragionare sulla possibilità di trovare una soluzione ad un problema che Sicilia ne risente molto, cioè lo smaltimento dei rifiuti dall’industria agrumicola.
“In pratica – spiega Enrica – dagli scarti delle arance, ossia tutto quello che resta dopo la spremitura e la trasformazione, viene estratta la cellulosa atta alla filatura. Attraverso le nanotecnologie l’olio essenziale di agrumi viene incapsulato e fissato sui tessuti. Da qui, ha inizio un processo di rottura delle microcapsule presenti nel tessuto, in modo automatico e graduale, che comporta il rilascio delle vitamine sulla pelle così di avere un capo non solo bello ma funzionale al benessere del consumatore. Le sostanze rilasciate non sono invasive: al massimo si sente la pelle più morbida, come se si mettesse la crema al mattino. Gli abiti non ungono e la pelle viene nutrita. Questa caratteristica è garantita per almeno una ventina di lavaggi, ma stiamo studiando anche le modalità per la ricarica con ammorbidenti specifici”.
Inizialmente le ragazze avevano verificato la fattibilità dell’idea con il Politecnico di Milano, e di seguito avevano avviato la sperimentazione con il dipartimento di Chimica dei Materiali. “Il nostro obiettivo era trovare finanziamenti al progetto – racconta ancora Enrica – e così abbiamo cominciato a partecipare a vari premi. Il riscontro è stato eccezionale: dal Working Capital di Catania ad Alimenta2Talent, dal Premio Gaetano Marzotto, fino al New York Stock Exchange i riconoscimenti sono stati tantissimi. Fino a quando, nell’autunno 2012, una volta dimostrata la fattibilità dell’idea, abbiamo depositato il brevetto in Italia, facendo poi l’estensione internazionale”.
Inizialmente le ragazze pensavano di vendere semplicemente il brevetto a qualche industria tessile e di non seguire direttamente la produzione, ma poi hanno vinto il Changemakers for Expo, iniziativa promossa da Telecom con Expo2015 con il sostegno dell’incubatore milanese Make a cube, volto a premiare le migliori idee sostenibili dal punto di vista sociale e ambientale che potessero avere uno sbocco pratico nel contesto dell’Expo. Così sono entrate in contatto con il Parco Tecnologico Padano, a Lodi, e hanno potuto studiare la fattibilità del progetto grazie all’aiuto di diversi professionisti che li hanno aiutato ad approfondire le questioni legate alla produzione e l’utilizzo dei macchinari. Poco dopo hanno ottenuto un sostegno anche dall’acceleratore Working Capital di Catania, permettendole di avvicinarsi finalmente alla loro terra. E cosi’ hanno conosciuto alcuni trasformatori siciliani di agrumi, che si sono interessati al progetto, investendo ed acquisendo una quota della società.
Dopo pochissimo Adriana ed Enrica ottengono l’accoglienza nell’incubatore Ipoint di Rovereto. “L’apporto di Trentino Sviluppo è stato fondamentale: senza l’ingresso nell’incubatore non saremmo riuscite ad andare tanto lontano. Aldilà dell’aiuto economico, ci offre strutture, servizi e consulenze che rendono la vita molto più facile a chi è alle prime armi con un’avventura imprenditoriale” raccontano le ragazze.
A settembre le ragazze ricevono il premio “Festa della Rete” come la piu’ innovativa startup votata dalla rete. Il 16 settembre scorso all’Expo Gate di Milano nella giornata della Vogue Fashion Night Out le ragazze hanno presentato il primo prototipo: “In occasione dell’evento di Milano abbiamo presentato il nostro tessuto, ottenuto unendo l’esclusivo filato di acetato da agrumi alla seta, in due varianti: raso tinta unita (color seta naturale) e pizzo (color naturale e nero), insieme a tre varianti di filato di colore giallo, verde lime e arancio. Ci auguriamo di essere sul mercato con una prima collezione – conclude Enrica – ossia un campionario di tessuti con fantasie, tramatura, tipologia e spessore diversi, acquistabile da febbraio 2015.
Il progetto va avanti e insieme ad un produttore di succhi, stanno ottimizzando l’impianto per l’estrazione della cellulosa dagli agrumi. Molti brand si stanno interessando del nuovo tessuto e chissà forse a breve avremo una nuova linea di abbigliamento che fa bene all’ambiente e anche alla nostra pelle.